Thomas Neusiedler dirige il nuovo segmento GIAM con tanta passione e forte della sua esperienza.

GIAM: potenziale allo stato puro.

Thomas Neusiedler è entrato da poco nella Direzione del Gruppo Helvetia, sebbene sia in azienda da molto tempo. Come CEO del nuovo segmento GIAM (German, Italian, Austrian Markets), intende mettere a frutto la sua esperienza per rendere ancora più redditizia la crescita in questi tre Paesi.

Testo Sarah Büchel Foto Florian Brunner, San Gallo

Thomas, l’Helvetia in dicembre ha presentato una nuova strategia. Quali sono le implicazioni per il segmento GIAM?

Per il segmento GIAM, l’aspetto centrale è il ruolo di Local Customer Champion. Si tratta di incrementare la vicinanza al cliente attraverso i canali esistenti e aumentare la nostra professionalità. Ciò deve avvenire sulla base di un’approfondita e ben ponderata analisi delle tariffe e dei prodotti. Le parole chiave sono eccellenza tecnica ed efficienza. Detto in altri termini, tutto ciò che facciamo deve anche essere redditizio, ma sempre dando priorità alle esigenze della clientela. È giusto interrogarsi sui desideri della clientela, perché non possiamo darli per scontati. Le nostre soluzioni assicurative dovrebbero essere come un vestito su misura che insieme è però anche prêt-à-porter.

Quali opportunità vedi nei singoli Paesi GIAM?

In tutti e tre i Paesi la nostra quota di mercato è inferiore al 5 %. Significa che il potenziale è enorme: è sempre più facile attaccare il mercato sfruttando la conoscenza dei prezzi, piuttosto che difendere una quota di mercato già alta. Solo in Austria siamo fra i primi dieci assicuratori. Vogliamo espanderci in modo redditizio in tutti e tre i Paesi e competere per le posizioni che assegnano punti, per dirla in termini sciistici.

Quali rischi vedi?

Negli ultimi anni si sono verificate varie catastrofi naturali nell’Europa centrale. Contrariamente a quanto accade in Svizzera, non vi sono soluzioni statali e i sinistri vengono tutti affrontati dal settore privato. Ciò mette ulteriormente sotto pressione il segmento.

«Se vogliamo essere dalla parte dei vincitori anche in futuro, dobbiamo uscire dalla nostra zona di comfort.»

Come cambia la tua funzione, ora che sei contemporaneamente CEO di GIAM e dell’Helvetia Austria?

Sono un ardente sostenitore di questo doppio ruolo. Credo, infatti, che sia una buona cosa portare più «mercato» nella Direzione del Gruppo, altrimenti la clientela resta troppo ai margini. Sono chiaramente orientato alle scadenze. Mi dà la sensazione che quelle cose che non sto seguendo rischino di essere trascurate. Devo stabilire molte priorità e delegare molti compiti. Inoltre, non posso più agire come prima, e questo a volte mi lascia un po’ di rammarico. Ma stanno già maturando i primi frutti.

In passato

Le regole sono severe: per «L’Eroica» si possono usare solo biciclette costruite prima del 1987 ed è obbligatorio indossare maglie di lana e guanti di pelle, come si usava una volta. Anche il percorso permanente de «L’Eroica» è impegnativo: il tracciato si snoda in buona parte su strade sterrate, con 3’700 metri di dislivello su una lunghezza di 209 chilometri. Ovviamente, ai punti di ristoro non si trovano solo bevande isotoniche: non dimentichiamoci che siamo nella regione del Chianti.

Foto Getty Images

L’Helvetia diventa sempre più internazionale, ma le radici svizzere rimangono importanti. Che valore ha la swissness nell’area GIAM?

La swissness ha un influsso positivo sulle attività. Gli svizzeri hanno fama di essere abili nella gestione del denaro. È utile, e perciò la swissness rimarrà nel DNA dell’azienda. Dico sempre che siamo il coltellino svizzero fra gli assicuratori. Il coltellino svizzero è molto più moderno della sua fama: ne esistono addirittura con chiavetta USB integrata. È un oggetto che non ha mai smesso di evolversi, e così abbiamo fatto anche noi, diventando più internazionali.

Diamo uno sguardo al 2035: di cosa vorresti essere fiero?

Di essere un segmento apprezzato e un pilastro portante del Gruppo. Il contributo agli utili di GIAM oggigiorno è ancora troppo limitato. Il mio compito è incrementarlo e assicurarne la stabilità e la redditività. Non vorrei però perdermi per strada le persone. La passione e il know-how nei singoli Paesi sono molto importanti. Un approccio del tipo «one-fits-all» non è pagante.

Insieme a David sei il membro con più anzianità di servizio in seno alla Direzione del Gruppo. Come giudichi l’evoluzione dell’Helvetia negli ultimi anni?

Quando entrai nell’Helvetia 12 anni fa, pensavo che c’erano molti signori canuti e attempati nella Direzione del Gruppo. Ora sono io uno di questi. Da allora sono cambiate tante cose: oggi, ad esempio, ci sono tre donne nel top management, nella Direzione del Gruppo si parla inglese e siamo diventati nettamente più internazionali. Se vogliamo essere dalla parte dei vincitori anche in futuro, dobbiamo uscire dalla nostra zona di comfort. È per questo motivo che vedo con favore l’evoluzione in corso.

Pensi che l’esperienza dell’Helvetia possa essere utile per affrontare il cambiamento alle porte?

Mi vedo come una sorta di voce della coscienza che ricorda che una storia aziendale lunga 160 anni è qualcosa di cui essere fieri. Tuttavia, i prossimi 160 anni non saranno più facili, per cui il cambiamento è necessario. La solidità dell’azienda e l’Helvetia Spirit ci aiutano e ci fanno progredire.

Helvetia Spirit? Cosa significa per te?

È la stima reciproca in combinazione con un sano spirito imprenditoriale. Restituisce il giusto significato al concetto di «lungo termine»: un orizzonte temporale effettivamente lungo. Le assicurazioni funzionano nel tempo, non da oggi a domani. Siamo consapevoli della nostra storia e apportiamo competenza tecnica e qualità umane. È questa la carta che dobbiamo giocare.

Cosa è chiamato a fare il personale?

Dobbiamo continuare ad avere fame. Il famoso campione dello sci austriaco Hermann Maier ha sempre detto: dove fa bel tempo si allenano quelli che diventano secondi. Per raggiungere i nostri obiettivi, tutti noi dobbiamo dare il massimo, anche quando le condizioni quadro sono difficili.

In che modo contribuisci personalmente al raggiungimento degli obiettivi della strategia?

Con una combinazione di serietà e passione. Dagli altri non pretendo di più di quanto pretendo da me stesso. Per me è più che solo un lavoro. Voglio dare l’esempio.

L’arte giapponese del Kaizen

In Giappone, la concentrazione viene spesso raggiunta con l’adozione dei principi della filosofia Kaizen, un approccio olistico al miglioramento. Si tratta spesso di piccoli miglioramenti, ad esempio, l’ottimizzazione di un formulario. Nel corso del tempo, i piccoli miglioramenti si sommano producendo considerevoli aumenti di efficienza e qualità.

viva. #TeamHelvetia.